La prima notizia dell’esistenza della chiesa romanica di Santa Cristina, elevata da papa Paolo VI a rango di basilica minore, si trova in un documento del 1115. La tradizione ne attribuisce tuttavia la costruzione alla volontà di Matilde di Canossa (1046-1115), devota di Santa Cristina e al papa Gregorio VII (1015-1085), sulla base di una basilica probabilmente paleocristiana. Memorioe visive della chiesa precedente sono ad esempio la lastra di pluteo, oggi utilizzata come leggio nel presbiterio e le lastre che compongono la parte sommitale del ciborio soprastante l’altare delle “quattro colonne”, nella cappella del Corpo di Cristo o del Miracolo Eucaristico, collocato nella Grotta di Santa Cristina. Nelle fonti l’esistenza di una chiesa di Santa Cristina prima del 1115 è segnalata nell’itinerario di Sigerico (990-994) lungo la Via Francigena e in una bolla di Leone IV (847-855).
Esterno
La chiesa presenta all’esterno una elegante facciata rinascimentale, legata alla colta committenza del giovane cardinale Giovanni de’ Medici, secondogenito di Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini e futuro papa Leone X. L’esecuzione della facciata è ricondotta a Benedetto e Francesco Buglioni; fu completata tra il 1494 e l’inizio del 1495. Il coinvolgimento del cardinale de’ Medici è documentato dall’iscrizione visibile nel fregio della trabeazione principale che reca il suo nome e dallo stemma posto al di sopra della lunetta. Si tratta di una facciata che presenta elementi dello stile toscano ovvero la proporzione tra le parti, l’utilizzo di forme geometriche e di elementi come l’arco trionfale, desunto dall’architettura classica di epoca romana, con nicchie sovrapposte; paraste abbondantemente decorate con motivi vegetali e soggetti ispirati al gusto antiquario; la chiusura in alto a timpano contraddistinta da oculi. Due lunette con raffinate terrecotte di Benedetto Buglioni sovrastano sia la porta centrale della chiesa che quella della attigua cappella di San Leonardo, ristrutturata negli stessi anni della facciata della chiesa.
La facciata era decorata da affreschi raffiguranti il Miracolo di Bolsena, Tommaso d’Aquino nell’atto di comporre l’ufficio del Corpus Domini e l’episodio del Crocifisso che parlò al santo: erano ancora esistenti nel sec. XVII, quando ne fu eseguita una copia su tavole di marmo oggi perdute, donate nel 1716 al cardinale Pietro Ottoboni.
Medievale è ancora il campanile, ornato da tre bifore; in stile neoclassico è invece la facciata della Cappella Nuova del Miracolo edificata nel 1693 occupando l’area di un grande cortile sul quale precedentemente si affacciava il prospetto della Grotta di Santa Cristina.
Sulla piazza della chiesa si affaccia la mole rettangolare del palazzo del cardinale Teodorico Ranieri, i cui lavori si conclusero nel 1304: oggi è sede delle Suore del SS. Mo Sacramento.
Interno
Nel corso dei secoli diversi interventi hanno alterato lo stile pienamente romanico e medievale originario, che è riconoscibile: dall’illuminazione soffusa, dalla suddivisione in tre navate e sequenza di colonne che reggono archi a tutto sesto, dai capitelli che solo in piccola parte mantengono la decorazione originale. Dell’apparato decorativo della chiesa romanica rimane il portale detto di Matilde di Canossa lungo la navata sinistra.
Navata destra
Lungo la parete destra si apre la sagrestia, già Oratorio di San Leonardo. Proseguendo si nota un grande Crocifisso ligneo di scuola umbro-senese proveniente dal Convento del Crocifisso, che si trovava fuori Porta San Giovanni; l’opera è sormontata da un arco in maiolica con serafini, della bottega dei Buglioni.
Cappella del SS. Mo. Sacramento
Subito dopo sulla destra si apre la cappella dalla bella architettura tardogotica già dedicata al francescano San Bernardino da Siena, che a Bolsena aveva predicato: si notano affreschi di varie epoche tra cui spicca la Madonna in trono con il Bambino e i santi Cristina, Nicola e Caterina d’Alessandria datato 1459 che nello stile e nei costumi tradisce l’influenza della pittura senese; segue un San Bernardino della stessa mano e poi San Rocco e Santa Bibiana, databili successivamente. Nella cappella sono presenti altri affreschi del XV secolo tra cui San Giobbe nel letamaio visitato dai parenti e una Santa Cristina con donatrice inginocchiata (1508) riconducibile a Giovanfrancesco D’Avanzarano detto il Fantastico, pittore attivo a Viterbo e nel territorio nei primi tre decenni del sec. XVI, seguace di Luca Signorelli e di Pinturicchio. Al centro della cappella splende il grande tabernacolo di Benedetto Buglioni, realizzato tra il 1493 e il 1497 recante nella predella tre delicati rilievi con le storie del martirio di Santa Cristina.
Cappella di Santa Lucia
Uscendo dalla cappella del Sacramento si arriva nella cappella di Santa Lucia che insieme al centrale presbiterio e a quella dedicata ai santi Andrea e Bartolomeo, costituisce il transetto della chiesa. La cappella è uno scrigno d’arte. Fu affrescata nel 1498 da Domenico di Giovanni De’ Ferrariis da Mondovì, pittore di origini piemontesi di gusto arcaizzante, abitante nella vicina Grotte di Castro, sopra un ciclo preesistente, come è evidente osservando gli affreschi lungo la parete sinistra dove spicca un trecentesco Cristo risorto che mostra la ferita del costato con devota inginocchiata (Noli me tangere). Tra gli affreschi ascrivibili al De’ Ferrariis, attivo a Bolsena anche nella piccola chiesa della Madonna dei Cacciatori, sorta lungo un incrocio viario e su un sito pagano già esistente, si osservano lungo la parete destra tre episodi dell’Infanzia di Cristo: L’adorazione dei Magi nella lunetta in alto; La Natività con l’annuncio ai pastori sullo sfondo, il committente e due pellegrini; la Presentazione al tempio; una teoria di santi nella prima fascia tra i quali si riconoscono San Sebastiano, Benedetto, Bernardino e Lucia. Sull’altare elegante e raffinato è collocato il busto raffigurante Santa Lucia, parte di una perduta figura intera, realizzato da Benedetto Buglioni.
Presbiterio e il polittico di Sano di Pietro
Nell’area presbiteriale dove sono presenti tracce della chiesa precedente, l’altare maggiore è composto riutilizzando un manufatto marmoreo di recupero recante una fila di piccoli archi al centro ; qui spicca il polittico dipinto intorno la metà degli anni ’50 del XV secolo da Sano di Pietro (1406-1481), noto pittore e miniatore di Siena mentre la predella è accreditata a Benvenuto di Giovanni, anch’egli pittore e miniatore. La parte superiore del polittico raffigura nella cimasa Cristo benedicente e nelle tavole laterali l’Annunciazione; lo scomparto centrale sottostante raffigura la Madonna in trono con il Bambino e i santi Giorgio e Pietro a sinistra e Paolo e Cristina a destra. Nella predella sono raffigurati: al centro entro tondi il Cristo morto in pietà, la Madonna e San Giovanni Evangelista; negli scomparti rettangolari sono invece narrate le storie di San Giorgio e precisamente a partire da sinistra San Giorgio uccide il drago alla presenza della principessa; San Giorgio davanti al re; San Giorgio battezza i convertiti; il Martirio di San Giorgio. Il polittico è uno dei capolavori di Sano di Pietro: protagonista della scena senese del XV secolo, sceglie il giovane Benvenuto di Giovanni come collaboratore per soddisfare le numerose committenze ricevute; la critica propende per considerare la predella di Bolsena il primo lavoro di Benvenuto. Nel corpo centrale del polittico spiccano le figure eleganti ed esili dei santi Giorgio e Cristina, entrambi abbigliati secondo la moda del tempo: Santa Cristina in particolare indossa una cuffietta rossa e un abito damascato che, coperto da un mantello verde, lascia vedere la candida veste bianca sottostante. Le scene della predella risultano molto vivaci ed espressive; in semplici spazi prospettici, si snoda la narrazione a tratti tardogotica e fiabesca influenzata dallo stile del Vecchietta, riflesso nel corpo ben definito del convertito in atto di spogliarsi e nel delicato uso del chiaroscuro. Il polittico proviene dalla chiesa di San Giorgio; è collocata nel presbiterio dal 1988.
Navata sinistra
Lungo la navata sinistra spicca una piccola cappella che conserva una bella scultura lignea dipinta raffigurante Santa Cristina, databile agli inizi del sec. XV opera di un maestro vicino ai modi di Pietro d’Angelo di Guarniero e di Francesco Valdambrino. L’opera è conservata all’interno di una struttura dorata del XVII secolo ristrutturata nel XIX secolo. E’ questa l’immagine ufficiale della devozione di Bolsena a Santa Cristina e portata in processione nel passato. Al di sotto la scultura è collocato un reliquiario in argento e smalti che racchiude i resti della martire, rinvenuti nel 1880.
Sulla stessa parete si apre un bel portale rettangolare in marmo bianco di epoca medievale (XI/XII secolo), di cui non è chiara l’originale funzione nella chiesa romanica. La tradizione infatti lo riconduce alla commissione di Matilde di Canossa tanto che ancora oggi ne porta il nome. Lungo il lato sinistro, alla base troviamo un soggetto animale con tre teste, una serie di decorazioni a motivo vegetale e in alto il simbolo dell’evangelista San Marco; lungo il lato destro alla base un secondo soggetto animale con zampe e ali, una serie di decorazioni a motivo vegetale e in alto il simbolo dell’evangelista Luca. Diversa è la materia e la mano che ha decorato l’architrave, recante al centro l’ Agnus Dei. Alla sua destra si nota l’Adorazione dei Magi che ancora risente degli schematismi dell’arte longobarda. Alla sulla sua sinistra si scorgono tre figure in piedi, una seduta e coronata forse Santa Cristina e una figura inginocchiata: si tratta probabilmente di un coro di Vergini tra cui Santa Cristina incoronata in atto di sorreggere una lampada o, secondo un’altra interpretazione, la contessa Matilde di Canossa che porge al Cristo l’urna con le reliquie di S.Cristina.
Lungo la navata sinistra era dipinto un bel ciclo di affreschi con le Storie di San Giorgio di cui rimane una piccola parte raffigurante probabilmente l’uccisione del drago da parte del santo: la scena si svolge sotto gli sguardi attenti di uomini e donne della città di Silene posta alle spalle del gruppo principale. A giudicare dallo stile, dalle fisionomie puntuali dei personaggi, dai costumi e acconciature femminili, dalla vivacità espressiva, il ciclo risale al pieno XIV secolo e risente della coeva pittura del cantiere della Cattedrale di Orvieto che aveva in Ugolino di Prete Ilario (Siena 1330-1404) il massimo protagonista.
Nella chiesa sono visibili anche opere del XVIII secolo, in parte provenienti da chiese cittadine:
- Francesco Trevisani, La Natività di Maria
- Sebastiano Conca, Sant’Antonio predica ai pesci il mistero della Trinità
- Andrea Casale, Martirio delle frecce di Santa Cristina
- Francesco Bertosi, Sant’Andrea condotto al martirio
- Scultore napoletano, San Rocco
Gemellati con
Powered by InfoMyWeb - Reccomended by TusciaInVetrina.info - Credits
+39 0761.799923